Ci si è spesso interrogati sulla reale pericolosità dei videogiochi per la salute dei ragazzi; qualcuno è addirittura arrivato a mettere in guardia sui danni di un'esposizione prolungata, che potrebbe creare sconvolgimenti mentali persistenti e dalle conseguenze potenzialmente imprevedibili.
Come sempre nella maniera più tragica, dall'America arriva una conferma a questa macabra teoria.
Lo scenario è particolarmente grottesco. Non una simulazione iper-tecnologica di ultima generazione, non un gioco di contenuto violento o scandaloso ha ucciso il piccolo Dylan, di appena novanta giorni, ma il celeberrimo gioco online "Farmville", simulazione dell'attività quotidiana in una colorata (e innocua) fattoria che impazza tra gli utenti Facebook.
Dovendosi dividere tra l'aratura stagionale, la cura delle vacche digitali e le difficoltà economiche derivanti dal business agrario, la giovane neo-mamma (22 anni) Alexandra V. Tobias di Jacksonville non ce la faceva proprio a sopportare i continui pianti e lamenti del figlioletto Dylan, di appena tre mesi. E così un giorno, probabilmente in preda ad una crisi di nervi da sovraesposizione bucolica, ha iniziato a scuoterlo per farlo smettere un po' troppo violentemente, facendogli picchiare la testa.
Il piccolo è morto sul colpo, e il giudice ha condannato la donna per omicidio di secondo grado (ovvero non pre-meditato).
Sarebbe insensato tentare di rintracciare un qualche indice di colpevolezza nella casa produttrice del gioco, la Zynga, o negli sviluppatori dello stesso: la responsabilità dell'accaduto è da ascriversi totalmente alla madre, con ogni probabilità afflitta da una qualche forma di depressione post partum.
Ma è altrettanto vero che un numero crescente di persone arriva a perdere il posto di lavoro o a indebitarsi seriamente perché afflitto da una dipendenza dalla fattoria virtuale di Facebook, come fa notare in un commento il blog AllFacebook.
La storia di Alexandra rappresenta ovviamente un caso limite, una degenerazione che si spera possa rimanere unica nel suo genere. Tuttavia l'effetto possibilmente dannoso dei videogiochi sulla mente umana dopo questa ulteriore e tragica conferma non dovrebbe a mio parere essere sottovalutato, soprattutto se si considera che in alcuni Paesi già esistono centri specializzati per curare questo tipo di dipendenza (ad esempio nei Paesi Bassi). La realtà virtuale si sostituisce alla banalità quotidiana, e in men che non si dica si arriva ad evitare ogni contatto con l'esterno a mo' di hikikomori giapponesi.
Così, numerosi disagi sociali vengono trascurati e nascosti dietro lo schermo di un pc o nel joypad di una playstation, finché, arrivati al limite, esplodono in tutta la loro violenza.
Con questo non voglio sostenere una campagna contro il settore video-ludico né fomentare inutili allarmismi generazionali. Semplicemente, concordo con le tesi di chi vede nei comportamenti dei "maniaci" del videogioco un indizio di un disagio ben più profondo e radicato, una traccia che, se approfondita in tempo, può evitare conseguenze disastrose e aiutare a vivere meglio in società anche il soggetto interessato.
Detto questo, sperando di non avervi annoiato troppo, vi saluto e mi concedo una bella partita a PES!! A presto!!
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