9 novembre 2010

La Repubblica del disimpegno

Non le leggi ad personam; non i mille processi; non le accuse per mafia e corruzione; non la crisi economica o lo scandalo degli appalti nella terremotata L'Aquila: a mettere in crisi l'impero del più varipinto personaggio politico di questo primo decennio di XXI secolo sono scandali sessuali e ragazzine linguacciute a caccia di notorietà. Un governo, una nazione, un popolo messi in ginocchio dal potere indiscutibile della figa (e del viagra, dato che senza questa storia sarebbe già finita da un pezzo). Ma, prima ancora, dal proprio disimpegno e dalla rassegnazione diffusa.





Il "caso Ruby" non è che l'ultimo dei più o meno noti racconti di depravazione aleggianti attorno alla figura del nostro beneamato premier: non dimentichiamo che la stessa Veronica Lario, prima di chiedere la separazione, si era detta preoccupata per il marito, a suo parere "malato" e bisognoso di aiuto.

Ora, a distanza di mesi, quella fantomatica malattia rischia di mettere in crisi il governo. Anzi, ci è già riuscita, nonostante le parti in causa stiano ancora tergiversando nel decretare la caduta del condottiero per accaparrarsi più privilegi possibili una volta che tutto sarà finito.

E' desolante pensare di essere in balia degli appetiti sessuali di un anziano satrapo mentre la congiuntura economica attuale vede nero (come sottolineato dal direttore della banca d'Italia Mario Draghi) e le migliori menti del paese sono costrette a fuggire in preda alla disperazione per le pessime condizioni lavorative, ma tant'è. E non da oggi, ieri o dalla scoperta della gnocchissima Ruby.


Sono però convinto che la degradazione dei costumi, soprattutto tra i politici, non sia davvero una causa della crisi morale e amministrativa del paese, ma una imprevista conseguenza. Un effetto mal calcolato di un fattore molto più preoccupante: il completo disinteresse verso la vita sociale e pubblica della maggior parte dei cittadini.

La democrazia per definizione dovrebbe essere la realizzazione del "potere e governo del popolo"; ma cosa accade quando il popolo stesso non ne vuole sapere di assumersi le responsabilità civili che gli vengono offerte?

Ritengo imbarazzante l'atteggiamento di chi, dopo aver precipitato il paese nel caos votando una persona chiaramente disonesta e interessata soltanto agli stracazzacci suoi, ora passa il suo tempo a discostarsi dalle sue buffonate e a profetizzare la necessità di un cambiamento.

Non erano proprio loro a sostenere che le piccole marachelle con la mafia, i processi per corruzione, la nomina di showgirl in posizioni di responsabilità e il conflitto di interessi non fossero rilevanti o impedissero l'amministrazione della vita pubblica? Non erano loro a definire moralisti/comunisti/mangiabambini/ammazzapreti ecc. chiunque osasse dimostrare qualche critica più che legittima?

Non ci sono dubbi che mai come ora sarebbe necessario un cambiamento radicale, un'inversione di rotta che riporti la consapevolezza e la coscienza dei propri diritti negli animi assopiti dei cittadini italiani, ma occorre fare attenzione.

Ci vuole poco perché dopo il boato tutto rinasca esattamente com'è adesso, soprattutto se ci si lascerà ammaliare dai bei discorsi e dalle facce pulite di personaggi che, fino a ieri, sostenevano il regime attuale con la stessa forza con cui oggi tentano di abbatterlo.

Occorre una rivoluzione culturale, e difficilmente sarà il mondo politico a guidarla.
L'unica speranza è il ritorno ad una informazione pulita e sincera, interessata realmente a svolgere il proprio ruolo di mediatrice nella società moderna libera da condizionamenti di qualsiasi genere e provenienza.

In altre parole credo che innanzi tutto, prima ancora che le dimissioni di B., a questo paese occorra ricostruire una propria memoria sociale forte, rispettabile e condivisa da nord a sud (evitando pregiudizi color verde padano), come si auspicavano i fondatori di questo stato da sempre ricco di storia e illustri personaggi e intellettuali, ma che oggi sembra aver perso la via in un turbine di tette, culi e volgarità sparate a pieno ritmo come fossero diritti anziché perversioni.

Nessuna vera svolta ci sarà dopo B. se di nuovo nasconderemo la testa sotto la sabbia svegliandoci solo quando la situazione sarà ormai insostenibile come ora. Ma se cominceremo a vigilare ogni giorno con attenzione sul lavoro e la condotta di chi ci rappresenta (in prima linea blogger seri e giornalisti), e ci riprenderemo il diritto di voto inteso come patrimonio inalienabile del cittadino e non come orpello decorativo e facoltativo, qualche possibilità di migliorare le cose sicuramente ci sarà.

Così, mi auguro, si tornerà a sentirsi orgogliosi di essere italiani, e l'impegno politico sarà di nuovo riconosciuto come un onore e un dovere verso il popolo, anziché come una opportunità per sistemarsi e ottenere una pensione a vita. Ma perché ciò accada, permettetemi il beneficio del dubbio verso chi cambia troppo facilmente bandiera.

Nessun commento:

Posta un commento