9 novembre 2010

L'urlo che non muore

Non un capolavoro forse, ma nemmeno una squallida agiografia di quelle che vanno tanto di moda oggi.



Urlo (presentato al Sundance festival 2010), biografia del celeberrimo manifesto beat Howl (declamato per la prima volta nel 1955) di Allen Ginsberg, non celebra la grandezza di un uomo geniale e tormentato tentando di farne un eroe moderno come altri esperimenti di questo tipo: piuttosto ne ripercorre i profondi pensieri al momento della creazione, nel massimo rispetto degli elementi storici e della sua quantomeno originale figura (le illustrazioni sono infatti derivanti dal volume illustrato Illuminated poems, firmato da Ginsberg stesso).

Urlo è, almeno a livello di trama, la storia di un processo: quello condotto contro la casa editrice City Light Bookstore, rea, secondo l'accusa, di aver pubblicato un libro osceno e di scarso o nullo valore letterario. In realtà la difesa saprà dimostrare l'importanza capitale del poema nel leggere e presentare senza schermi d'ipocrisia il sentimento nascente della nuova generazione di giovani americani, disillusi vagabondi abbandonati a se stessi di cui Ginsberg aveva fatto parte condividendone la condizione durante i lunghi pellegrinaggi on the road (non dimentichiamo che era amicone di Kerouac, il paladino di questo tipo di esperienza) della sua giovinezza.



Probabilmente molti sosterranno che il film non riesce a rendere un decimo dell'originario urlo di dolore di Ginsberg, un urlo che ha segnato un'intera generazione e scosso i sistemi alla radice; e in fondo, anche se solo in parte, anche io condivido questa teoria.

Tuttavia sono convinto sia necessario e doveroso rendere un giusto riconoscimento agli autori (Rob Epstein e Jeffrey Friedman), capaci in nome dell'onestà intellettuale di non farsi tentare dal botteghino realizzando una specie di "eroe maledetto". Il loro lavoro non tradisce o forza il senso del testo originale per piacere al pubblico cinematografico, e questo è a dir poco ammirevole in un periodo dove la munnezza cinematografica rende grandi persino i sorci.  

Urlo resta così un piccolo e gentile cameo non ad un autore o a una persona di talento, ma, per una volta, alla sua opera: gli aspetti chiave di Howl sono indagati con delicatezza e precisione, accostando all'azione recitata e sceneggiata alcune scene che riprendono autentiche interviste a Ginsberg e animazioni tratte dal suo libro illustrato, nel pieno rispetto del testo e della sua (immensa) valenza storico-sociale.

Se avete amate il testo e vi va di ripercorrerne le tappe in modo "interattivo" questo film fa per voi.
Se non avete mai letto il testo e vi andrebbe di conoscerlo questo film vi ci potrebbe avvicinare in modo piuttosto leggero e divertente.

Se invece siete dei moralisti senza voglia di pensare o approfondire, allora lasciate stare Urlo, Howl e Allen Ginsberg in toto. La beat generation andrà avanti comunque.

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