Dopo prolungata assenza per cause di studio, mi trovo quasi costretto a tornare "al lavoro" per far fronte ad una situazione che diventa ogni giorno più insostenibile. Nel senso che non la reggo più, niente paura, non che ci porterà all'estinzione nel 2012 come vorrebbe qualcuno.
Per chi non avesse inteso, sto parlando della moda quantomeno bizzarra, ma al momento davvero molto in voga, di trasformare supposti cadaveri in personaggi televisivi di successo prima ancora che si faccia luce sull'accaduto.
E se il malcapitato al momento dell'incidente non aveva ancora l'età per comprare le sigarette, bé è lì che comincia la goduria: una cosa è parlare di un "impiegato statale", un "avvocato", una "casalinga", un "immigrato" (nella nostra tv ormai quasi un lavoro) ecc. ammazzato per strada; un'altra è essere un potenzialmente inesauribile contenitore di sogni futuri con i quali costruire storie che spazino dal fantasy al drammatico senza soluzione di continuità.
Così la piccola Yara (ultima starlette da cronaca nera della nostra tv) aveva praticamente già in tasca la medaglia olimpica nella ginnastica ritmica mentre Sarah sarebbe stata probabilmente candidata al nobel per la pace per il suo non meglio specificato "amore verso gli altri"; o ancora, tornando indietro nel tempo, secondo i tg il giovane fratellino di Erika era una versione solo un po' più pulita e pettinata di Albert Einstein.
E la moda, già abbastanza curiosa di per sé, si espande velocemente. Mai si era verificato uno spiegamento di forze mediatiche anche solo simile a quello messo in campo per il caso di Sarah Scazzi, e la preoccupazione che l'eccezione diventi regola a dir la verità mi sta rovinando l'appetito nelle poche cene che riesco a consumare a casa.
Addirittura, qualche non raro esempio della profonda inesattezza delle teorie di Darwin si è recato nei luoghi della tragedia per fare turismo: qui hanno ucciso Sarah, lì l'hanno seppellita, questa è la corda con cui è stata strangolata. Veri momenti di libidine per un weekend fuori porta con tutta la famiglia devo dire. E di cercare la verità, nel frattempo, sembra se ne siano dimenticati tutti.
Intanto la piccola Yara, scomparsa a Bergamo da ormai 12 giorni, non è ancora stata ritrovata. Le indagini continuano serrate, ma del colpevole non c'è traccia. Gli investigatori, pur di attaccarsi a qualcosa, hanno arrestato un marocchino reo di aver pronunciato in arabo la frase "fa' che risponda" in modo abbastanza ambiguo da farla confondere con "non l'ho uccisa io": purtroppo (per loro) non c'entrava un'acca, ma almeno la giustizia gli ha insegnato che in questo paese al cellulare occorre parlare forte e chiaro, altrimenti come fanno a intercettarti?
Ovviamente mi auguro Yara sia ritrovata sana, salva e ancora bambina possibilmente, anche se ne dubito. Eppure allo stesso tempo sento il profondo desiderio di non saperne niente, né in un caso né nell'altro. Di essere lasciato in pace, di poter riflettere su quanto accaduto da solo, senza fastidiose vocine pre-impostate che mi dicano cosa pensa tizio e cosa caio, senza che mi si annuncino le ultime non richieste rivelazioni o la storia del fratello dell'uccisa che vuol fare il porno-attore.
Per non parlare della "concorrenza" tra le famiglie delle vittime: di recente la famiglia Scazzi ha infatti accusato i genitori di Yara di tenere troppo segreto il loro dolore, alimentando così la curiosità sul caso a scapito di Sarah, che perde audience a vista d'occhio. Questa sì che è vera tragedia!
E dire che io volevo solo conoscere una più o meno credibile verità, sperare nella giustizia e dedicare alla piccola un pensiero di cordoglio... sono proprio un superficiale del cazzo, lo so!
In sintesi, penso ci vorrebbe rispetto.
Rispetto nel dolore, per evitare di trasformare piccoli simulacri di sogni in esempi osceni della grave malattia che questa società dalla lacrima facile sta attraversando.
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