11 novembre 2010

Libero Buju!

La fine della disavventura legale che ha investito il leggendario artista reggae Buju Banton è ancora lontana, ma almeno per il momento il cantante è riuscito ad abbandonare la cella pagando la somma richiesta per la cauzione.

Copertina dell'ultimo album di Buju, Rasta got soul


Arrestato ormai 11 mesi fa a Miami per spaccio di droga grazie a una soffiata di un agente della DEA (peraltro ex-spacciatore pure lui), Buju si era subito attivato nel richiedere la libertà provvisoria.

Vista l'indecisione netta della giuria e le scarse prove a carico dell'imputato, sembrava non ci sarebbero stati problemi ad ottenere il rilascio fino a febbraio, data dell'udienza, ma impedimenti burocratici di vario genere hanno costretto il nostro in galera fino ad oggi.

Per l'esattezza i "dubbi" del giudice facevano riferimento all'interpretazione delle leggi sull'immigrazione (non si sa mai che sparisca in Jamaica) e alle garanzie sulla somma da pagarsi per la cauzione: timori abbastanza particolari se pensiamo che stiamo parlando di una star di fama internazionale.

Comunque, si è infine giunti a una conclusione che permette al nostro di tornarsene a casa almeno per un po'. Il primo ostacolo è stato superato applicando a Buju un braccialetto elettronico di ultima generazione che ne segnali costantemente la posizione, e il secondo grazie all'intervento del collega Stephen Marley che ha offerto in garanzia addirittura la propria casa.

L'artista è inoltre tenuto ad un esame giornaliero delle urine, per accertarsi che non faccia uso di droga; una limitazione particolarmente insensata e intollerante data la comprovata appartenenza alla religione rastafari del soggetto in questione. Se non altro, però, è potuto volare a casa, in modo da passare i difficili momenti prima del processo con il conforto di amici, familiari e soprattutto dei suoi amatissimi dischi reggae.

Il processo di febbraio riserva molte insidie, soprattutto da quell'ampia fascia del sistema giudiziario americano che non vede di buon occhio il sospettato e il suo "stile di vita" decisamente fuori dalle righe. Persino la fantomatica "soffiata" ha un sapore vagamente di complotto.
 
Senza espormi e senza sostenere in nessun modo un'innocenza a priori che non posso provare, mi permetto però di dire che molti elementi di questa soap giudiziaria non mi sembrano del tutto chiari, e che mi auguro nel processo di febbraio sarà fatta finalmente luce su una vicenda che rischia di "rubare" alla scena reggae, e al mondo musicale tutto, una figura sì trasgressiva, ma dotata di un enorme spessore artistico che, caso eccezionale, potrebbe (dovrebbe?) per una volta oscurare qualche canna di troppo.

In nome della musica.

1 commento: